
Chiedimi COME sono felice!
Le emozioni ci fanno compagnia dal giorno zero, crescono e si evolvono insieme a noi. Impariamo insieme a chiamarle per nome, per poterle riconoscere, comprendere, capire e farci pace.
Iniziamo subito con una sfida: prendetevi qualche minuto per pensare almeno a 4 modi diversi per esprimere la vostra felicità, rabbia, paura e tristezza.
È faticoso, non trovate? A volte ci riesce addirittura più semplice rispondere a questa domanda con sensazioni del nostro corpo che riconduciamo all’esperienza emotiva, come “mi manca l’aria”, “mi prudono le mani”. E va benissimo, significa che in qualche modo nella nostra vita ci è stato utile passare attraverso il piano delle azioni per riuscire a capire come ci sentissimo in un dato momento. Questo succede perchè tutte le informazioni collegate alle nostre emozioni sono conservate grazie all’amigdala, un insieme di strutture cerebrali a forma di mandorla (da cui, in greco antico, il nome) presente in entrambi gli emisferi del nostro cervello. Qui si trova l’archivio di tutto ciò che abbiamo provato nel corso della nostra vita ed ogni nuovo stimolo viene messo in relazione con questa nostra personalissima enciclopedia emotiva. In questo modo la situazione che stiamo vivendo in quel momento viene arricchita di emozioni e viene generato un nuovo link, una sorta di pagina in più nel nostro libro, che l’amigdala stessa sarà in grado di sfogliare e rileggere in situazioni future.
La metafora del libro diventa davvero utile per comprendere quanto sia fondamentale avere “le parole per dire le emozioni”.
Nel frattempo vi chiedo: “vi è venuto in mente altro?”. Sì, perchè per riuscire a fare qualcosa di importante serve tempo, e concederci il tempo di pensare alle emozioni, vi assicuro, è davvero molto importante.
Ora entriamo nel vivo. Ecco qui qualche stimolo che penso possa aiutarvi a pensare.
Come si può vedere in foto, ogni colore ha diversi palloncini a lui dedicati, con diverse facce. L’immagine include felicità, rabbia, paura, tristezza e disgusto (le cinque emozioni primarie) con uno special guest per l’occasione: l’ansia, che è un’emozione più evoluta, si sviluppa sulla base delle esperienze vissute e non ha origine innata come le altre, che invece sono presenti fin dal primo momento della nostra vita. Fare questo gioco ci serve per entrare in contatto con il fatto che ogni sfaccettatura abbia un suo perchè, una sua ragione d’essere, sia diversa da tutte le altre del suo stesso gruppo e si meriti di essere chiamata con un nome che sia squisitamente suo e suo soltanto. Se ci prendiamo il tempo per pensare alle nostre emozioni possiamo facilmente renderci conto che a volte non siamo solo felici, siamo proprio euforici, altre non siamo così arrabbiati come pensiamo, ma magari solo particolarmente irritati, e poi ci sono quelle occasioni in cui dire “mamma che ansia!” è più semplice che capire che siamo molto preoccupati. Imparare a dare nomi diversi alle diverse sfumature ci permetterà di viverle più profondamente e quindi, grazie alla nostra amica amigdala, che ricorda tutto meglio di qualsiasi motore di ricerca o intelligenza artificiale, riusciremo più velocemente a riconoscerle, comprenderle e regolarle.
La regolazione emotiva è, per semplificare, un discorso di volume: troppo alto è un frastuono coprente, che infastidisce, troppo basso impedisce di comprendere, di percepire. Quindi le emozioni vanno sentite tutte, bisogna provare a farle entrare tutte nel range dell’udibile. Poi, certo che alcuni prediligono il rock alla musica classica, ma non per questo diventa uno spettacolo distruttivo.
Lo scopo di questo articolo è puramente presentare un modo semplice per avvicinarci alla complessità delle nostre emozioni con un certo spirito critico, giocando a capire se quella sensazione che abbiamo sempre chiamato in un modo, che a volte ci confonde anche, non possa magari suonare meglio con un nome diverso. La nostra mente registrerà questo tentativo, scriverà una nuova pagina del nostro libro e chissà, magari diventerà un best-seller!